Televisione – Intervista a Andrea Delogu da Francesco Giorgino.

Originaria di Cesena, Andrea Delogu è conduttrice televisiva, conduttrice radiofonica, attrice e scrittrice. Negli studi Rai dell’appuntamento televisivo XXI Secolo, quando il presente diventa futuro, andato in onda lunedì 8 gennaio, condotto dal giornalista e presentatore Francesco Giorgino, ha eseguito un’intervista alla super ospite, Andrea Delogu: Venendo da un viaggio in Lapponia, quanti gradi c’erano? «-43 gradi. Erano almeno trent’anni che non si registravano temperature del genere. Mi trovavo a Rovaniemi. E le persone che invece, vi risiedono lo stesso lì, erano decisamente tranquille andando in giro in jeans».

La tua anima discotecara, è venuta fuori, ascoltando le note di Bob Sinclar, durante la presentazione «Sono di Rimini. Cresciuta a piadina sangiovese e, a feste». Quant’è forte nella tua vita, questa radice romagnola? «Tantissimo. Sono romagnola. È un qualcosa che crescendo in quelle Terre, non riesci a dimenticare mai. È la voglia di accogliere, la voglia di ascoltare, di far star bene le persone. Poi sappiamo tutti, cosa è successo l’estate scorsa, in Emilia Romagna ed ho riconosciuto proprio la mia gente: il rimboccarsi le maniche e venir fuori il sorriso. Posso dirmi orgogliosa, di essere per sempre emiliano-romagnola».

La tua passione per la conduzione, nasce proprio dalla tua città a quattordici anni, in occasione di un concerto di Cristina D’Avena. Mi dici com’è andata, la cosa? «Sì. Ero andata a vedere Cristina D’Avena, insieme ai miei parenti, con mia mamma. E conoscevamo uno degli organizzatori e ci trovavamo in piena estate, quindi puoi immaginare un traffico impossibile, con la Piazza piena e andava avvisato al pubblico, che D’Avena, doveva ancora arrivare, essendoci tanto traffico. Bisognava avvisare. Avevo quattordici anni. Non avevo mai parlato con un microfono, sono salita sul palco, ho visto la Piazza piena, ho preso il microfono ed ho detto, Cristina D’Avena sta arrivando. E in un secondo, tutti si sono girati verso di me. Ho sentito la mia voce uscire dalle casse, ed ho pensato, che tutto questo si tratta di una magia. Lo voglio fare, per tutta la vita».

Quasi quasi, si vien voglia di dire, che artisti si nasce. C’è quasi quel fuoco dentro, che ti porta a fare poi quello, che esattamente vuoi fare? «È un po’ come sentirsi, più protetti. Quanto racconto la motivazione perché amo questo lavoro; perché sai che tante persone ti vogliono molto bene e ti stanno guardando, ti stanno ascoltando. È una condivisione continua».

Andrea Donna. Tu, ti definisci una Donna irrequieta, perché? «Ho bisogno in continuazione di imparare ed ho un disturbo dell’attenzione, che però per me rappresenta una forza, perché mi obbliga a non fermarmi mai, a conoscere nuovi mezzi di comunicazione, nuovi metodi di apprendimento. E spero, di continuare ad essere irrequieta. Mi spaventa fermarmi».

Quindi l’irrequietezza è semplicemente uno stare continuamente, in movimento. Non è una ribellione verso le regole? «Sono cresciuta in una comunità fino a dieci anni. Quindi le regole per me, sono importanti. Gestire un mondo chiuso, erano necessarie ed obbligatorie le regole, come nel mondo fuori ma ancor di più in un mondo così piccolo con tante persone coinvolte. Quindi sono un “fan” delle regole». È un termine davvero bello, sai. Se tutti quanti ragionassero così, questa società sarebbe diversa «Sì. Perché c’è una regola, a seconda dell’educazione. Quindi mi piace pensare, che siano necessarie. E, quelle necessarie, bisogna anche rispettarle. L’irrequietezza è su di me. Sul sapere, che non è mai finita. Per non pensare, che sia finito qualcosa, devo necessariamente sapere, che devo ancora imparare».

A proposito di regole comportamentali, sei puntualissima, rispetti gli orari in un modo assurdo e, ti offendi quando gli altri ti fanno aspettare. Che cos’è per te, l’attesa? «L’attesa è un momento che perdo nell’aspettare una dimenticanza di qualcun altro. In quel determinato momento, in quel quarto d’ora, in cui la persona mi sta facendo attendere perché chissà, si sarà svegliata tardi; in quel frattempo, avrei potuto scrivere, leggere, giocare ad un videogioco, mangiare un gelato, potevo fare un qualcosa, dedicato a me».

Sei anche cintura nera di karate. Non è uno sport un pò inconsueto, per una Donna?«In Italia, molti anni fa, lo era. Infatti erano poche le ragazze, che praticano karate. Però in realtà arti marziali, specialmente in Giappone, è alla mano per tutti, compresi sia maschi che femmine. E devo dire, che lo consiglio molto. Arti marziali, ti portano a capire l’importanza della conoscenza interiore, della serenità».

A proposito di precisione, è stata fatta vedere una clip riguardante un giovane Carlo Verdone, nel programma cult della Rai, intitolato “No Stop”. Questo personaggio, Carlo Verdone, è stato l’antesignano di Furio, che il nostro pubblico conosce, essendo stato straordinario in quel di “Bianco, rosso e Verdone”. I tuoi amici, ti chiamano con il nome di “Furio”. È così? «Sono puntuale, precisa. Quando organizzo i viaggi, ho bisogno di sapere dove sto andando. Poi può succedere di tutto, come già accaduto in Lapponia; ma ho bisogno di sapere che atterrerò. Ma sembra, che questa cosa della puntualità e della precisione sia andata fuori moda».

Assolutamente no! Hai studiato cinema. Quali sono i tuoi film preferiti? Puoi citarli tutti, tranne uno, “Dalla Cina con furore” «Adesso penso che i film preferiti sono quelli, che ti suscitano delle emozioni, facendomi tornare in quel momento lì, per farti sentire felice e farti star bene. Poi ci sono dei film meravigliosi. Il mio film preferito è “Dirty Dancing”. Ogni volta che lo vedo, sto bene. Perché mi ricordo quando ero bambina, quando mi trovavo insieme ai miei amici, ero molto innamorata di Jhonny il protagonista, facendomi tornare delle emozioni, che ormai sono rare».

Tra i programmi che Andrea Deologu ha condotto, c’è anche Stracult, una trasmissione colorata ideata da Marco Giusti, che per tanti anni ha raccontato le nuove tendenze del cinema di genere. Questa è stata la tua prima conduzione, di un programma, vero? «Sì. Ha riguardato la mia prima conduzione in Rai. Guardavo Stracult, perché qualsiasi appassionato di cinema deve vederlo e, poterlo recuperare anche su Rai Play, con tutte le puntate che sono state effettuate. Quando mi chiamò Marco Giusti, non ci credevo. Pensavo fosse uno scherzo. Ed invece, poi è successo davvero. Una cosa l’ho notata: il tempo passa velocemente, ma i ricordi e le emozioni che hai provato rimangono. All’interno di questo programma, c’era anche Nino Frassica, che mi ha sempre dato tanti consigli». Anzi colgo l’occasione per salutarlo. Tu sei anche una scrittrice. Hai pubblicato due libri autobiografici ed un romanzo, che ha avuto successo. Raccontaci un pò, com’è nata questa tua passione, per la scrittura? «Sono dislessica. Quindi ho un disturbo specifico dell’apprendimento. Ho sempre cercato di capire, non lo sapevo. Difatti l’ho scoperto, quando avevo dai ventiquattro ai ventisei anni; avendo messo due anni per avere la certezza. Ed ho voluto sapere il perché avevo la passione per il racconto, per la scrittura, ma non riuscivo a portarla avanti. Scrivevo anche per poco, ma poi mi stancavo. Quando l’ho scoperto per me è stata come una “festa”. Lo so che può sentirsi strano, sentirselo dire. Però sapevo ed ho scoperto chi ero, ovvero qual era la mia caratteristica. E scoprendo, dando un nome alla tua caratteristica, puoi gestirla. Da lì in poi, ho ripreso in mano veramente la mia vita. Ed ho cominciato a scrivere. Quando scrivi, diventi Dio, perché tu decidi quello che accadrà in quel mondo, che è tuo; è solo tuo. Tu puoi far accadere, quello che più ti pare. È una sensazione molto strana».

Hai dato mai dei consigli a degli adolescenti dislessici? «Sì. Sono molto legata all’Associazione Italiana dislessia, facendo un lavoro incredibile sul territorio ed è un disturbo specifico che si conosce poco, sempre di più in Italia, ma vorrei stimolare i professori, i maestri, i presidi, a cercare di avere un occhio di riguardo, cercando di studiare un pochino di più con attenzione quello che succede nelle classi. Perché i disturbi specifici dell’apprendimento hanno una percentuale altissima. In Italia, solo che alcune non vengono diagnosticate».

Torniamo alla televisione di un tuo grande Maestro, Renzo Arbore. E poi, è un grande talent scout, essendo stato tra i primi, a cercarti e a valorizzarti? «Possiamo fargli i complimenti. Renzo Arbore è tornato in televisione e, come sempre, ogni qualvolta fa uno share incredibile. Perché la gente lo aspetta, perché il suo modo di raccontare, il suo modo di parlare al pubblico è irripetibile. Renzo Arbore mi ha trovato sul web. Ero e sono tuttora molto attiva sui social, lui mi ha visto e mi ha chiamato per il “Renzo Arbore Channel”, ovvero il suo sito ed app. Dicendomi, fin da subito, aiutami a raccontarmi come si usa, sul suo canale. E da lì, in poi, è nata questa grande amicizia; trattandosi di un gruppo molto grande». Il commediografo inglese e Premio Nobel per la letteraturaGeorge Bernard Shaw, ha detto che si invecchia quando si smette di ridere. Che ne pensi? «Sono d’accordissimo. Ridere è la cosa più importante, che bisogna fare dalla mattina. Ogni cosa che mi succede nella vita, penso sempre di tenere come base, come colonna sonora, Benny Hill e non Carmine Burana. Se succede una cosiddetta cosa non buona, occorre immaginare che ci sia una determinata colonna sonora di quel momento, continuando a sorridere, non trattandosi di una tragedia».

Abbiamo voluto omaggiare un grande programma di approfondimento, come Tv7, l’inviato da Sergio Zavoli che intervistò Federico Fellini. Un pensiero, secondo te? «Si trattava di un’intervista appoggiata. Perché era su un set e stava rispondendo quasi velocemente. Aveva detto, sta diventando quasi lirico. L’arte è parola, non è soltanto immagine. E Fellini è Rimini, ci sono cresciuta lì. Il mito di Federico Fellini, ce l’abbiamo proprio all’interno del DNA. Riusciva a parlare non solo attraverso l’immagine, ma attraverso la parola. Ha inventato il termine “paparazzi”, che è famoso in tutto il mondo. E’ un qualcosa che non si può scindere, l’arte, l’immagine, la parola».

Possiamo dire, che tu sei cresciuta a pane e televisione? «Sì. Essendo dislessica, ho imparato l’italiano ascoltando la televisione, ascoltando i conduttori, che raccontava in quel piccolo quadrato, una scatolina, considerando che a scuola ero tutto troppo veloce: la televisione mi aspettava». Qual è il programma televisivo, al quale tu, sei più legata? «Un programma che guardo fin da piccola, iniziato con Corrado, è la Corrida. Era così gentile accompagnando i concorrenti. Era una sfumatura, che mi dava modo di sognare».

A proposito di radio, la libertà di espressione è maggiore oppure è diversa in radio, in televisione, rispetto alla carta stampata?

«Nella carta stampata, ti chiudi e, sei soltanto tu. La radio è una magia, irripetibile. La televisione non ti dà questa libertà, perché bisogna far immaginare. È possibile creare tutto. Mentre parlo con i miei ascoltatori, posso far immaginare di trovarmi sopra un Monte Everest, posso immaginare di mangiare un gelato. In realtà sono in uno studio e sono chiusa. Non sto correndo la maratona di New York, ma lo posso far chiedere. E, l’ascoltatore lo sa, ma mi dà questa possibilità di effettuare un accordo tacito. La televisione ha invece, un’immagine. Quindi posso dire di essere molto legata a questa immagine. Se, ad esempio, compio un errore in televisione sorrido e chiedo scusa; se faccio un errore in radio il sorriso non si vede; l’ascoltare radiofonico vale un pò di più». Televisione, radio, scrittura, teatro. Sei in scena con “40 e sto!”, uno spettacolo che racconta le donne alla soglia dei quarant’anni. Sta andando molto bene «Sì. Dovevano essere venti date e sono diventate settanta. Adesso, ci sono le ultime due: il 30 gennaio a Milano al Manzoni e il 19 febbraio a Roma. Si ride molto. È la prima volta, che sono su di un palco per far ridere e per scatenarmi insieme a chi mi viene a vedermi. Ho trovato un innesto molto importante, che non abbandonerò».

Parliamo un attimo di social. Dove ti fai chiamare andrealarossa dove negli ultimi giorni, hai raccontato questo tuo viaggio in Lapponia. Tra l’altro hai migliaia di followers. Posso chiederti, che cosa ti piace e che cosa non ti piace di più in questo mondo dei social network? «I social sono un’occasione meravigliosa, perché il social è uno strumento; e le persone lo usano. Quando si demonizzano questi ultimi, credo sia un errore fondamentale. Non si riesce a parlarne, quando si demonizzano. Ho sempre utilizzato i social, per sentirmi meno sola. Ho bisogno di vedere che cosa accade nel mondo, non solo facendolo attraverso i giornali online, il TG, oppure la televisione ma anche eseguirlo appunto, attraverso i social vedendo quella determinata persona singola, in che modo sta vivendo quel momento particolare».

Un’ultima domanda prima di salutarti, ringraziandoti per la tua partecipazione. Hai una cover del tuo telefonino particolare, dove c’è raffigurato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con l’aureola. Perché? «Lo stimo molto come persona, con un’intelligenza, una sensibilità, una forza nell’educazione che trovo meravigliosa. E quando ho visto questo adesivo, me ne sono innamorata».

Grazie Mille a te Andrea Delogu per la tua disponibilità e la tua professionalità! Grazie Mille a te Francesco!

Vi lasciamo con una frase dell’ex First Lady americana, Eleanor Roosevelt, che diceva “Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni”.

Andrea Delogu si racconta da Francesco Giorgino a XXI Secolo